PROGRAMMA
1. Concertante
2. I Triviarchi
3. Phersu
TriviEnsemble
Violino Vittorio Fusco • Viola Francesco Venga • Violoncello Sergio De Castris
Sax tenore Silvio Rossomando • Pianoforte Giuseppe Giulio Di Lorenzo
Non è la prima volta che mi accingo a descrivere immagini ed emozioni che nascono attraverso le note del M° Cesa. Un onore per me cimentarmi, ma allo stesso tempo, un senso di inadeguatezza di fronte alla complessità della sua musica. Tuttavia, la richiesta pervenutami dal Maestro di riflettere sulle sensazioni suscitate dall’ascolto è essa stessa una chiave di lettura, forse la più autentica, della sua musica.
Un viaggio in tempi antichi e nuovi quello che intraprende la mente avvolta dall’abbraccio dei suoni. E’ la battaglia per la libertà: note di storia, di popoli, di uomini quelle del “Concertante” per quintetto (pianoforte, violino, viola, violoncello e sax tenore) composto in occasione del bicentenario delle Cinque giornate di Milano.
L’atmosfera concitata e tumultuosa si alterna a momenti di calma allucinata, al caos, a un sottile equilibrio tra le parti. Il riverbero del frastuono sfuma nella solennità del finale a segnare il silenzio del “cessate il fuoco” , un punto fermo nel tasto del pianoforte su cui aleggia, tuttavia, l’alito/anelito alla Libertà.
Momenti goliardici e meditativi quelli de “I Triviarchi” per trio d’archi (violino, viola e violoncello) quasi a percorrere, anche attraverso il ricordo, il senso della vita che pian piano sfuma tra le mani di tre ragazzacci. Essi appaiono uno per volta sulla scena: si incontrano un po’ per caso, sottofondo costante dell’esistenza. Tra lazzi, litigi e riflessioni si stende lo spartito del precario equilibrio di una vita vissuta nel modo più autentico.
E’ un mondo che esprime con forza la sua verità quello delle anime e degli dei che popolano l’aldilà in “Phersu” per pianoforte, violino e violoncello.
In balia vive l’uomo nella continua ricerca del senso, nella sola consapevolezza del non senso, di quel filo sottile che congiunge i due mondi.
L’incipit del brano è affidato al solo del violino, una voce che giunge da un tempo antico e lontano.
E’ la voce dell’eterno mistero della vita, è la voce dell’uomo che indossa una maschera che nasconde il volto, ma amplifica i suoni, le parole, le emozioni che ci rendono persone.
Elsa Maria Nigro
Mario Cesa non è riconducibile a schemi preconfezionati, a scuole, a correnti musicali.
Dire che è un compositore di musica contemporanea è come dire nulla. Anzi, è solo creare una distanza tra l’ascoltatore e le sue opere. Mario Cesa è invece portatore di una visione radicale e originale, di un punto di vista che non ha riferimenti nel panorama musicale, di una profondità che affonda le proprie radici nelle tradizioni e insieme nella modernità: un autentico figlio del popolo, di cui egli non è espressione esterna, ma parte viva.
C’ è una fedeltà costante nel suo lavoro, un filo rosso che collega composizioni apparentemente diverse e distanti, come Pellegrinaggio e Cum luces matre, e che solo un osservatore superficiale può cataloga- re come segni di periodi differenti: uno dedito alla ricerca etnografica e antropologica ai temi della ritualità collettiva, l’altro più intimo e privato.
Questo filo costante ha invece nella libertà la sua forza motrice, nell’ascolto accorato del mondo la sua linfa, nel senso etico della vita la sua essenza. Ogni sua composizione ci trasporta in un universo in cui l’ipocrisia è cancellata, la deformazione a fini consumistici della ritualità, della tradizione e della memoria è impedita, i barocchismi e la finzione sono svelati. E l’autenticità che trionfa, è l’energia profonda dell’esistenza che trova spazio, è l’ urgenza di ricercare sempre punti di approdo stabili e sinceri che si afferma. Ed è la sua musica , con le forme che assume, dai moduli all’iterazione, dall’impe- to impressionistico alla fonia più cruda e amara, che ci guida lungo questo percorso. Se si supera l’iniziale diffidenza, se ci si lascia penetrare da essa, se con essa si entra in sintonia, allora è ogni volta un percorso di verità che abbiamo di fronte.
L’amicizia, la tenerezza, il dolore, l’impulso della vita mai domo che egli esprime con le sue note ci raggiungono come un’onda, che ci trascina e ci avvince. Di questo percorso l’esecutore diventa parte integrante, per l’ assoluta libertà che Cesa gli lascia, e questo è in musica fatto raro e straordinario. Ma vi è qualcosa di più. Nel suo profondo legame con il popolo Cesa si fa autentico innovatore della cultura musicale meridionale, diventa per il Sud un punto di riferimento alto, quasi un monito costante a sfuggire al livellamento e all’omologazione devastanti, a fare di sé stessi e della propria civiltà un possibile punto di resistenza, una via di uscita per il futuro.
Voce isolata, certamente, incompresa, quasi sempre, fintamente osannata ma messa ai margini, nel
barbaro livello culturale che ormai sembra dilagare anche dalle nostre parti. Cesa ne soffre, ma non si arrende.
La sua presenza in politica è la sua musica, la sua costante e instancabile ricerca di ciò che è autentico, il suo immergersi ogni giorno nelle voci, nei rumori, nei sospiri e nei drammi della sua città e delle sue persone, consapevole di poter ritrovare qui i nodi di tutta l’esistenza e di poter usare le sue note e la sua opera come strumento di battaglia civile. Fedele testimone, in questo, della memorabile stagione di “Musica incontro” di cui Cesa fu animatore autentico, al fianco di Gaetano Vardaro, e che vide arrivare ad Avellino personaggi del calibro di Luigi Nono, di Luciano Berio, di Claudio Abbado, di Maurizio Pollini, di Michele Campanella, di Bruno Canino e tanti altri.
Di quei grandi, però, Cesa non ha mai tentato una pedissequa imitazione, non ha mai aderito a loro correnti o movimenti, ma, imparando dalla loro lezione di musica e di vita, ammirando il loro impegno, ha sempre cercato e percorso una via originale, come ben sottolinea il maestro Gianvincenzo Cresta nella sua fondamentale opera: Le possibilità del molteplice “Viaggio a – temporale nella musica di Mario Cesa”, Rugginenti editore.
Va solo aggiunto che gli ultimi anni, piuttosto che segnare un declino, hanno visto moltiplicarsi in modo inesauribile la poetica musicale, la creatività, la volontà di sperimentare vie nuove del nostro Cesa.
Tanti, tutti, dovremmo imparare da lui, dalla sua meravigliosa lezione di musica e di vita, che esorcizza la sofferenza, che supera con la sua vitalità inesausta il dolore e gli accidenti, che si erge oltre il presente, a indicare il futuro.
Franco Festa
Registrazione effettuata il 28 maggio 2021 dagli allievi della classe di Tecnico del Suono del Conservatorio Statale di Musica “Domenico Cimarosa” di Avellino: Avallone Mario, Beracci Davide, Bifulco Michele, Ferrante Vincenzo, Romano Andrea, Sannino Stefano, Scauzillo Francesco, Sica Angelo, Soriano Sabrina
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